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Il vestitino di Angelica

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Angelica soll von ihrer Psychose durch Einsamkeit geheilt werden und wird von ihrer Familie in die Berge Südtirols verbannt. Langsam bessert sich ihr Zustand und sie kehrt unangemeldet in ihr Elternhaus nach Suzzara zurück. Dort hat sich viel verändert und sie wird nicht gerade freundlich empfangen. Ihr Bemühen, hinter das Geheimnis ihrer Verbannung zu kommen stößt überall nur auf Ablehnung und eine Mauer des Schweigens. Schließlich gelingt es ihr aber doch, diese Mauer zu durchbrechen und sie erfährt, warum sie ausgestoßen wurde. Obwohl sie inzwischen eine reiche Erbin geworden ist, will sie mit der vorgefundenen Welt der Scheinheiligkeit nichts zu tun haben und kehrt in ihre einsame Hütte in den Dolomiten zurück.

La solitudine e il silenzio delle Dolomiti restituiscono alla realtà Angelica, esiliata, forse a fin di bene, dalla nonna onnipotente, che in tal modo ha voluto risparmiare a sé e alla famiglia una resa dei conti altrimenti inaccettabile.

L'origine della follia intesa come una temporanea fuga dalla realtà, quando, in seguito a un trauma, il vestitino diventa troppo stretto? E di quale vestitino si tratta? È quello che ognuno di noi indossa al momento della nascita del quale man mano cerchiamo di liberarci per entrare nella cosiddetta maturità.

Il ritorno, tanto più chiaro e illuminante, significa anche un riappacificarsi non soltanto con la realtà ma soprattutto con sé stessi. Questo il senso di una pausa forse forzata ma necessaria per riaccostarsi alla vita, a quella vera, sempre presente anche se non sa rispondere alle tante domande, che restano, nonostante tutto, a riempire il vuoto dell'esistenza.

Il romanzo di un risveglio ma anche dell'aprirsi a nuovi orizzonti.